UNA STORIA PARTIGIANA

Quel mattino, il vecchio Gildo, ancora in pigiama, attaccò un bottone che non finiva più. Per lui era un bottone speciale. Oscar, il suo “badante” peruviano, se ne rese conto al volo e lo ascoltò in quasi completo silenzio, limitandosi ad annuire con frequenti cenni del capo e incoraggiando il vecchio, visibilmente agitato, come meglio poteva: sfoderò un ricco repertorio di sorrisi, ammiccamenti, smorfie, occhiate e sguardi per comunicare interesse, comprensione, condivisione, complicità. Qua e là – ma senza interrompere il fluire ribollente dei ricordi gildeani, semmai sottolineandoli – emettava quei monosillabi internazionali ideati (da chissà chi e quando) per esprimere sorpresa, ammirazione, vera e falsa incredulità, approvazione o disapprovazione, a seconda dell’intonazione e dell’estensione dei suoni. Roba tipo: Ah, eh, uh, ih! Mm… ya. Ogni tanto gli scappava la sua esclamazione preferita: “pucha!”.
Parola più, parola meno, ecco qui qui di seguito il prezioso bottone di Gildo, come me lo riferì – in itagnolo – Oscar. Per comodità, l’ho ritradotto in italiano. Nei vari passaggi qualcosa può essere andato perduto, qualcos’altro, magari, s’è ingarbugliato. Io  non so quanto ci sia di vero e quanto di fantasioso. Ma a me ‘sta storia è piaciuta:
“Una giornata tremenda, te lo garantisco! Una giornata da matti, si può dire. Cominci come fosse giocare ai soldatini e ti ritrovi con in mano la vita di ragazzi come te… ma tu non puoi mica capire, figliolo!
Per di più, quel giorno (ma… porco, porco, porco il mondo e chi l’ha inventato!) dovevamo “operare” assieme al prete! Ma pensa tee! Insomma, dovevamo realizzare la nostra piccola manovra a tenaglia ricongiungendoci col gruppo partigiano dei cattolici… in due parole: quelli della parrocchia del paese. Son sicuro che quest’idea è venuta a quei palloni gonfiati del comando garibaldino, cioè… ai comunisti… per metterci in difficoltà! Ma tu che ne sai!? Una sega! Comunque, stammi bene a sentire, che ancora non mi va giù ‘sta storia! Però, se ci penso bene, poi mi passa… ché c’è anche una storia bella dentro ‘sta carognata. Volevano farci fare la figura dei fanfurli e, praticamente, ci han messi agli ordini dei dei chierichetti. Proprio noi: l’unica formazione partigiana anarchica di tutta la vallata. Doveva essere un gioco da ragazzi: stanare i tedeschi dispersi e prenderli, ad ogni modo. A me ‘sta storia ancora non m’è mica andata giù. E n’è passato del tempo, porco mondo!  Ma quanto tempo è passato? Cinquant’anni suppergiù… no anche di più! E io che me la ricordo come fosse settimana scorsa. Spiegami un po’ come funziona questo fatto che mi ricordo così bene una storia così vecchia. Anzi, mi ci incazzo sopra! Io non so come spiegartelo: era come una presa in giro mandarci a noi, anarchici mangiapreti  a chiuder la tenaglia intorno a quei tedeschi sbandati a chiuderla coi partigiani della formazione dei cattolici, democristiana si direbbe oggi, cioè fino all’altro ieri, ma tu mi capisci? Cioè, la sai la storia… ma figurati! La resistenza non la conoscono i nostri ragazzi, figurati in Perù! Se vuoi ti spiego tutto poi tu mi dici del fatto della memoria se lo sai… Noi, comunque eravamo rimasti in ventitre. Noi stavamo bene lassù che si era fatta la base in un metato che sarebbe l’essiccatoio per le castagne. Ora non ci sono più, credo. Ma non lo so ché su quei monti mica ci sono più tornato, porco mondo! Avevamo trasformato una di quelle cose, che eran come casine di pietra basse basse, che i contadini ci mettevano le castagne a seccare. Mi capisci no? Voi ce l’avete le castagne? Va beh, mica importa. Eravamo quella ventina abbondante. In forma, asciutti, sempre pronti, per via del metato e delle castagne, che non abbiamo mai fatto la fame. A te piaccion le castagne? Ma le sai le castagne? Crescono lì da voi? Va beh, non importa. Eravamo pronti e agguerriti, preparati per prendere in mezzo quei tedeschi germanici e infatti l’abbiamo presi, però dall’altro lato, a prenderli in mezzo anche loro, chi ci avevano comandato di andare? Te l’ho detto già. Sai cos’è una tenaglia? Un accerchiamento. Ma tu l’hai fatto almeno il militare? Va beh, lasciamo perdere che mica bisogna andare sotto le armi per capire. L’abbiamo presi in mezzo i tedeschi. Però il fatto era che gli altri non erano compagni come noi, anzi!
Va beh dai che ti spiego alla svelta. La resistenza era la guerra contro i fascisti e i tedeschi che avevano invaso l’Italia, per colpa di Mussolini, hai presente? Ecco, che facevamo la guerra contro i mussoliniani e gli hitleriani eravamo gente varia. C’erano i socialisti e i comunisti soprattutto e un po’ di baciapile e i monarchici e i giellini di GL che poi ti spiego e anche noi anarchici. Ma noi eravamo pochi. Così pochi che nessuno lo sa che ci eravamo a far la resistenza, cioè… la guerra partigiana. Ma lì nelle nostre valli eravamo un paio di gruppi forti, mica uno scherzo. Coi comunisti andava così così, ma ci odiavano per via di Stalin e della Spagna e altre cose e noi pure odiavamo a loro. Ma lasciamo perdere, che se no ti confondi. I comunisti praticamente comandavano tutti i partigiani, ma c’erano anche i cattolici, cioè sarebbero i partigiani cattolici, anche loro contro i fascisti e i tedeschi, ma sempre cattolici erano. Un po’ si capisce, no? Insomma facevamo una guerriglia contro i fascisti e i tedeschi. La guerriglia la capisci, no? Ma questo cinquant’anni fa. Eppure mi ricordo tutto come la settimana scorsa. È lì che ci siamo inventati la macchinetta del caffè come una granata. La moca, intendo. Ma questo te l’ho già raccontato. Non erano molte a quei tempi, quelle macchinette moca, per lo più s’aveva la napoletana. Ma da quando avevamo scoperto come funzionavano bene per far granate, che l’avevano scoperto i compagni delle cave…
Vabbé quel giorno, porco mondo che il giuda se lo porti, quel giorno: cazzo! Li prendiamo i tedeschi: bisognava prenderli prigionieri e fare come un processo, se ci avevi il tempo, per vedere se erano colpevoli di qualche rastrellamento di civili: se eran stati proprio loro, quelli presi prigionieri: se sì, cioè… se si scopriva che sì: condannati. Cazzo, mica scherzi, mondo porco: fucilazione sul posto. Era l’ordine quello. Quello era l’ordine. Giusto! Anche noi ch’eravamo anarchici comunisti libertari che gli ordini ci facevan venire l’orticaria, lì nella guerra dei partigiani si eseguiva gli ordini, ma con la sua discussione, porco mondo. Ohi, ragazzo! Oscar! Mi ascolti o no?! Te lo pensi? Ci avevamo da fargli il processo a loro bastardi tedeschi nazisti. Ci si mette il Michele, alto e secco con la barbetta: lui era uno dei tre più vecchi lì dei nostri: non sapeva proprio il tedesco, ma l’austriaco. Lo dovevi sentire come parlava bene che si capiva che lo parlava bene anche se noi non ci si capiva una sega d’austriaco e manco di tedesco, però lui parlava a lingua sciolta, la madonna, dovevi sentirlo: veloce spedito parlava perché lui s’era fatto la prigionia nel ’17, figurati! Prigioniero che manco voleva scappare! Dove andava se scappava? Era tutta una bancarotta. Così s’era dato arreso prigioniero dei tedeschi che però parlavano l’austriaco, che lui Michele l’ha imparato tutto. E adesso faceva le domande a questi, in tedesco austriaco con la voce incazzata e veloce rapida che noi non si capiva una benedetta sega!
E il Pierucchetti, che non ci capiva manco lui un cazzo, a un certo punto s’è messo in mezzo: non è che capiva le parole ma capiva le gridate e la furia del Michele. Pierucchetti era vecchio uguale al Michele, più o meno, ma mica aveva fatto il bischero in vita sua: sempre a studiare, dopo il lavoro al conteggio della cava, al baracchino della cava, ch’era contabile, non era cavatore lui: a studiare l’anarchismo e il Bakunin e il Malatesta e il Kropotkin, ma mica solo a studiare è rimasto: scriveva pure: per L’Adunata dei Refrattari. Bel giornale, porco mondo! E anche andò in Spagna a combattere col compagno Francesco Barbieri buonanima, che ci rimase in Spagna ammazzato dai comunisti. Figurati! Porco mondo! Son storie bruttissime che non ci si crede. Insomma, lì, coi tedeschi imprigionati da noi come prigionieri, porco mondo, il Pierucchetti s’era messo in mezzo, diceva: Chiedici questo! Chiedici quello! Che dobbiam vedere per la madonna se questi qui son tedeschi semplici o tedeschi nazifascisti di merda! Porco mondo non mi ci far pensare! Chiediamocele le cose! Faceva le domande a ‘sti tedeschi che lo guardavano come a un pazzo sregolato. Noi non si capiva nemmeno se capivano i tedeschi: solamente guardavano al Pierucchetti che domandava educato tranquillo e Michele che gridava. Che cazzo gridi? Sono mica sordi e che magari ce n’è altri in giro, per la madonna. Non ce n’era altri, alla fine. E l’Emilio: chiedici se conosce questo e quest’altro. Domandaci se gli piace di più quello lì o quello là. L’Emilio era Pierucchetti, comunque. Porco mondo e il Michele traduceva tutto che i crucchi capivan le domande e due di loro pure rispondevano guardandoci come ai pazzi a noi che gli stavamo intorno come in un cerchio ch’era tutt’attorno a loro, come se guardassimo degli animali strani catturati: che so, delle bisce o dei ramarri. Tirate un attimino via tutta ‘sta artiglieria che si sta parlando! Pierucchetti gridava a noi, adesso. Cazzo vuole? A noi ci grida? Voleva parlare tranquillo coi tedeschi che noi non sapevamo bene che tedeschi erano, ma loro mica erano tranquilli:  Ancora un po’ se la facevano sotto: ora le domande le capivano ma mica capivano il perché. Noi neanche capivamo il perchè e manco le domande capivamo, neanche in italiano perché mica lo sapevamo noi chi era questo e chi era quello e se se era meglio così o cosà in Germania. A parte il Pierucchetti che si vedeva che ci aveva in testa un’idea sua importante e il Michele che traduceva le domande, qualcosa ci capiva anche del perché: lui dopo che sentiva le domande e capiva le risposte. Questo gioco è andato avanti per un po’ che eravamo più nervosi noi gli italiani partigiani anarchici che loro i tedeschi. Noi ci stavamo per perdere la pazienza a quel punto. Pierucchetti deve averlo capito , porco mondo! Ma nessuno se l’aspettava che reagiva così, non ce l’aspettavamo noi intorno e non se l’aspettavano loro i germanici presi lì prigionieri nel mezzo: che la mettesse in quel modo: s’è messo a gridare ai tedeschi, lui che era uno gentile che ragionava, e… sorpresa! gli gridava in tedesco: che cazzo che lo sapeva pure lui il tedesco originale, non l’austriaco del Michele, e noi una sega si capiva di quel gridare del Perrucchetti ai tedeschi. E tutta la scena di prima? La traduzione con il compagno Michele? Noi tra noi ci guardavamo che non ci capivamo del discorso che lui gridava, come un vero germanico ci sembrava a noi tedesco perfetto, mica lo capivamo. Ma loro sì, i tedeschi capivano: uno sorrideva, uno lo guardava ancora di più come a un pazzo, uno scoteva piano piano la testa e tutto l’elmetto. Però a un momento tutti quanti i tedeschi si misero in piedi sull’attenti, proprio come bravi soldati tedeschi. E noi non capivamo che diavolo stava succedendo. Porco mondo! Che ci ha detto per farli saltar su come molle e tenerli impalati così? Sembrava una roba tra di loro. Finché il Perrucchetti Emilio, nome di battaglia “ragioniere”, si girò a guardar noi che lo guardavamo e guardavamo anche i tedeschi sull’attenti. Se ci penso, è una storia da matti. Il “ragioniere” a noi, rivolto a noi, muti: datemi un revolver! il più grosso che ci abbiamo qui tra noi!
Noi tra noi ci guardiamo come per chiederci, con le nostre occhiate: e adesso? Che cazzo vuol fare il compagno Perrucchetti? È ammattito davvero? Comunque, il “Burbero”, che è un nome di battaglia perfetto preciso per quell’uomo, cavatore enorme, ce lo dà all’Emilio un pistolone che non finisce più. Mai usato: troppo ingombrante e pesante. Sembrava nuovo uscito dalla fabbrica che il Burbero teneva tutto l’armamentario che era una bellezza! Ce lo dà a lui. E l’Emilio ricomincia a parlare in tedesco, sventolando il revolver. Gli grida ai tedeschi come passandoli in rassegna: a loro che se ne stanno sempre sull’attenti: a ciascuno gli fa una domanda e poi grida. La domanda ce la fa gentilmente ma poi la gridata sembra un crucco lui adesso il Perrucchetti che gli grida in tedesco. Li passa avanti e indietro uno per uno. Poi dev’essere finita quella cosa da pazzi che non si capiva un accidente, perché lui ci grida tre o quattro parole ancora e i germanici si siedono sull’erba del prato ma sempre rimanendo come schierati in quella piccola fila ch’avevan fatto per star sull’attenti.
E ora abbracciamoci, compagni! Niente paura! Abbasso Hitler e abbasso Mussolini! Viva il socialismo e l’anarchia! E noi che siamo italiani siam contenti ma mica così tanto contenti da abbracciare i tedeschi, cazzo! Rimaniamo imbambolati e chiediamo al Perrucchetti Emilio detto “il ragioniere” di spiegare un po’ meglio tutto questo circo che ha combinato coi tedeschi.
E il Perrucchetti, in italiano gentile tranquillo, ci dice con calma tranquilla: l’ho interrogati tutti, dopo che li avevo ascoltati rispondere alle domande con la traduzione ci ho fatto le domande trabocchetto: questi sono soldati normali, mica esse esse, tedeschi normali di leva che a Hitler lo odiano ma devono fare la naja in guerra, questi non sono nazifascisti: son socialisti socialdemocratici che ne han passate delle brutte con l’Adolf di merda: son compagni, praticamente: io dico: a casa! Liberi! A casa di corsa!
Ecco, per dire, ragazzo mio, porco mondo: che anche nella guerra di merda, che son tutte una merda le guerre anche le più giuste, di classe, di popolo e compagnia bella, anche nella guerra può capitare che succedono cose belle come questa qui che t’ho detto, ragazzo. Cose bellissime, io direi, senza fare dell’esagerazione.
E dopo che ci ha detto quelle cose il Perrucchetti, che ci ha spiegato la sua idea, che noi lo rispettavamo il ragioniere, ecco dopo un momento arrivano i partigiani bianchi, gli amici del prete, chierichetti: arrivarono tardi a chiudere la tenaglia che noi i tedeschi l’avevamo già presi e interrogati per bene nella sua lingua tedesca! E si mettono arroganti: uno dice sorridente: allora, ragazzi, con questi che si fa? Un altro non domanda niente: era quello che suonava l’organo ai matrimoni che grida: che si fa! Che si fa! Si fa un plotone d’esecuzione misto e non se ne parla più!
Guarda non me lo posso dimenticare: il ragioniere e il burbero saltano su come furie: cheee? E tu che cazzo vuoi? Questi son nostri! Son prigionieri nostri e… oltretutto son compagni dio bono! Noi li s’ha già interrogati e identificati e processati e tutti a casa!
Immediatamente dopo il Perrucchetti riprese con le grida in tedesco ai tedeschi, ch’eran soldati normali, tedeschi oltretutto della socialdemocrazia tedesca famosa!  E il Michele ci traduceva a noi quel che diceva mentre li passava in rassegna uno a uno sventolando il pistolone sotto il naso a uno per uno: ci stava domandando nome e indirizzo e appena glielo avevan confessato lui gridava ch’aveva una memoria d’elefante e che lui ricordava nomi e indirizzi di tutti e anche le facce una per una! Che non facessero scherzi che l’avrebbe ritrovati uno per uno e se non li ritrovava ci sterminava le famiglie lui colle sue mani, se facevan scherzi! E ora liberi tutti viva l’internazionale e vaffanculo!
Il partigiano della chiesa, quello dell’organo dei matrimoni, quasi ci veniva la paresi: stava fermo inorridito e, alla fine di tutta la questione: me la paghi! Questa me la paghi, pazzo d’un Perrucchetti Emilio! Pazzo anarchico senza patria! C’ho la memoria d’elefante pure io, disgraziato!
Ma mentre questo dava in escandescenze i tedeschi compagni della socialdemocrazia tedesca già consegnavano armi e bagagli ed elmetti al burbero e se ne scappavano in mezzo al bosco. Liberi come l’aria. Porco mondo! Vedi? Che storia! Ma hai capito?”.

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