QUESITO FILOSIFICO

Qualche anno fa, mentre ritornavo in Inghilterra dopo un breve viaggio all’estero (all’epoca ero direttore del Trinity College di Cambridge), il funzionario dell’immigrazione all’aeroporto di Heathrow, dopo aver accuratamente esaminato il mio passaporto indiano, mi pose un quesito filosofico di una certa complessità. Osservando il mio indirizzo sul formulario per l’ufficio immigrazione (residenza del direttore, Trinity College, Cambridge), mi chiese se il direttore, di cui  IDENTITA' E VIOLENZA COVERevidentemente ero ospite, fosse un mio caro amico. Dovetti soffermarmi a pensare, perché non ero del tutto sicuro di poter affermare di essere amico di me stesso. Dopo aver riflettuto, arrivai alla conclusione che la risposta doveva essere sì, perché mi capita spesso di trattare me stesso in modo discretamente amichevole, e quando dico qualche sciocchezza capisco immediatamente che, con amici come me, non ho bisogno di nemici.

Dal momento che tutte queste elucubrazioni avevano richiesto del tempo, il funzionario dell’immigrazione volle sapere precisamente per quale motivo stessi esitando, e, più nello specifico, se la mia permanenza in Gran Bretagna fosse viziata da qualche irregolarità. La questione pratica alla fine si risolse, ma la conversazione servì a ricordarmi, se mai ce ne fosse stato bisogno, che l’identità può essere una faccenda complicata.

 

(da: Amartya Sen, Prologo di Identità e violenza, Laterza 2006)

 

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