QUELLA FINESTRA…

(…) la mia immagine dell’Olocausto era come un quadro appeso a una parete, opportunamente incorniciato per far risaltare il dipinto contro la carta da parati e sottolinearne la diversità dal resto dell’arredamento. Dopo aver letto il libro di Janina, cominciai a rendermi conto di quante cose non sapessi, o piuttosto non considerassi nella giusta prospettiva.   BEYOND THESE WALLS COVER

In me si fece strada l’idea di non aver veramente capito ciò che era accaduto nel «mondo che non era mio». Quello che era effettivamente successo risultava di gran lunga troppo complicato per poter essere spiegato nella maniera semplice e intellettualmente confortante che io avevo con ingenuità ritenuto sufficiente. (…)

Esplorai scaffali di biblioteche che non avevo mai esaminato in precedenza e li trovai colmi, straripanti di meticolosi studi storici e di profondi saggi teologici. C’erano anche alcuni studi sociologici, frutto di accurate ricerche e di osservazioni penetranti. (…)

Le loro analisi erano stringenti e profonde. Esse dimostravano oltre ogni ragionevole dubbio che l’Olocausto era una finestra, piuttosto che un quadro appeso a una parete. Spingendo lo sguardo attraverso quella finestra era possibile cogliere una rara immagine di cose altrimenti invisibili. Cose della massima importanza non soltanto per i responsabili, le vittime e i testimoni del crimine, ma anche per tutti coloro che sono vivi oggi e sperano di esserlo domani. Ciò che vidi attraverso quella finestra non mi parve affatto piacevole. Ma quanto più la vista risultava deprimente, tanto più mi convincevo che chi avesse rifiutato di guardare lo avrebbe fatto a proprio rischio e pericolo.

(da: Zygmunt Bauman, Modernità e Olocausto, il Mulino, 1992, pag. 5)

 

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