LA VERITÀ SUI TROLL
le Berte minori atlantiche,
per secoli (o forse più),
han turlupinato
quei vecchi creduloni dei Vichinghi
che vivacchiavano tra gneiss e torba,
acque gelide, grotte umide
e spiagge durissime
là in fondo, sulle isole Ebridi.
questa è, più o meno, la storia
ma… vado a memoria:
da un canto, in delle sabbiose
baie riparate,
a riparar barconi e a bere pinte
di chissà che intrugli fermentati
e aromatizzati
con delle bacche segrete,
c’erano ‘sti grossi pezzi d’uomini
detti Vichinghi:
marinai coraggiosi,
adusi a fare a botte
ma assai superstiziosi
e guardinghi,
terrorizzati dal buio
e dai rumori della notte.
da un altro canto, accampate
sui dirupi e le scogliere
a sostare pochi mesi
tra una migrazione e l’altra,
ci stavano, per l’appunto,
bestiole molto più piccole
dei Vichinghi
ma alate e sempre all’erta –
provenienti nel loro avanti e indietro
dall’America del Sud
sin da certi secoli molto precedenti
la cosiddetta “scoperta”.
ora (si fa per dire…) per sfuggire
alle razzie omicide
del forzuto e famelico
Mugnaiaccio delle Highlands
e all’imparabile concorrenza
dell’Aquila di mare dalla coda bianca
(che di cacciare e pescare mai si stanca)
le coppie di Berte minori atlantiche
misero a punto –
col tempo (è chiaro!), chissà quanto
tempo –
delle strategie per cavarsela
tra le più simpatiche:
nidificavano per riprodursi,
per prendere fiato, per socializzare
giocando ai quattro cantoni
(coi parenti, gli amici, i vicini)
su tremende scarpate
o vertiginosi burroni…
babbo e mamma s’alternavano
alla cova e alla pesca
e facevano il cambio turno
solo in orario notturno.
essendo che di notte anche loro,
povere bestie, vederci ci vedono
ma solo fino a un certo punto,
per non rischiare di confondersi
al cambio-cova
con un partner sbagliato
o scambiando col vicino le uova
facevano un sacco di versi molto strani –
come delle parole d’ordine
o delle criptate password sonore –
roba chiara come il sole per loro
ma incomprensibile per degli umani,
compresi quei quattro-cinque
marcantoni Vichinghi
che una ben precisa notte,
s’avventurarono
in scampagnata al chiaro di luna
o col solicello di quasi-mezzanotte
(a cercar funghi o bacche segrete
per aromatizzar birre)
proprio lungo le valli e le coste
più sconsigliate.
sentendo i versi inauditi
delle coppie genitoriali potenziali
delle Berte minori atlantiche
il drappello vichingo escursionistico
letteralmente si cagò sotto
e si convinse che quei luoghi impervi
fossero abitati
da piccoli ma cattivissimi e ben brutti
ominidi
all’inverosimile chiassosi,
gran bestemmiatori
e malignamente dispettosi.
tornati al riparo, al villaggio sgangherato,
nella baia riparata,
i quattro o cinque Vichinghi
reduci dalla scampagnata,
convinti d’essere a chissà cosa scampati,
dopo la cena di merluzzetti ai funghi
annaffiata
colla solita birraccia aromatizzata
con le bacche segrete,
raccontarono ai commensali
l’agghiacciante disavventura…
ma colle parole abituali
non riuscivano a trasmettere
in grado soddisfacente
la fottutissima, ancor viva
e presente in loro,
sgradevolissima sensazione
d’incontrollabile paura.
s’alzò, a quel punto,
l’anziano del gruppo
dei camminatori imprudenti,
abile raccontatore
di leggende mitologiche,
barzellette sporche, gossip
e panzane assortite,
il panciutissimo e barbuto
maestro d’ascia
Thorgest Da’Feakoll:
sputacchiando lateralmente
rimasugli di lisca e squamette
del baccalà ai funghi
e luccicanti goccioloni
di birra aromatizzata
con quelle cazzo di bacche segrete,
Thorgest improvvisò e tuonò:
“ooh… imbecilli rematori del menga!
lo capite o no?
quelli non eran normali folletti,
gnomi del bosco, visti e stravisti,
fatine viziate e antipatiche…
o spiritelli dei prati e delle foglie!
cazzo! com’è vero
il dio Thunrazzo e il suo codazzo
e… com’è vero
che da sempre mi chiamo
Da’Feakoll,
quelli eran per certo
dei maledettissimi troll!”.
dalla tavolata sgangherata
sbottò, potente, un coro: “sarebbe???”.
il vecchio story-teller, di rimando
a chiudere ogni discussione
e qualsivoglia
irrispettoso scetticismo censurando,
ri-tuonò: “boh! io che ne so!?”.
fatto sta che, alla fine della storia,
i Vichinghi, senza troppi rimpianti,
dalle inospitali isole Ebridi –
interne ed esterne –
eran quasi tutti emigrati,
lasciando montagne di torba, i loch
e parecchio buon whisky
(ma non quella fetenzia di birra
aromatizzata
con bacche innominabili!)
ai simpatici e pazzi Scozzesi
che coi troll, come dire…
han finito… per andare a nozze!
riguardo le Berte minori atlantiche
pare
non disdegnino, per rinfrescarsi,
far casino e metter su famiglia,
trascorrere l’estate
ancora da quelle parti.
ma per l’inverno
– come migliaia e migliaia d’anni prima –
preferiscono luoghi più caldi,
aperti, cosmopoliti e divertenti,
tipo il Brasile, i Caraibi o l’Argentina:
dove, soprattutto, a nessuno
viene in mente di canzonarle
per il buffo nome scientifico
che, loro malgrado, si ritrovano –
puffinus puffinus –
o, peggio, di scambiarle
per degli insopportabili troll!
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