LA CATTEDRALE E IL TRUSCHIN

Il modello di una macchina complessa come un compressore è un puzzle che si risolve solo con la MODELLI POLIEDRI 01concentrazione, è un incastro di centinaia di pezzi dalle sagome diverse che nasce fra delicati colpi di scalpello e di sgorbia e attente misurazioni. È un lavoro nemico della fretta. Un modello di legno è una piccola cattedrale, dice Alasia, è una scultura, a suo modo, bella da vedere una volta verniciata, ma soprattutto bella da modellare. Perché il legno, a lavorarlo, dà soddisfazione: è tenero, si lascia scavare, prende forma docilmente. Bisogna però saperlo scegliere, e anche qui si vede il modellista, dice Alasia. Il legno dev’essere ben stagionato, che poi non giochi scherzi, e di prima qualità, noce, cirmolo, ontano, abete. Soprattutto il noce, che difficilmente si deforma. Chi ha pratica lo vede dal colore il legno buono; lo si vede anche dalla leggerezza se una tavola è quella che ci vuole, e poi dal suono, che è secco, cantante. Ma è di fronte al disegno del progetto che il modellista rivela il suo colpo d’occhio, le sue doti di intuizione, la sua capacità di estrarre dal fitto ricamo di linee, curve e tratteggi la visione d’insieme, l’aspetto compiuto che dovrò assumere il modello. Ancora prima di prendere in mano gli utensili sa già quel che ne verrà fuori. Occorre però entrare nel disegno, impossessarsene a fondo, e allora lo si riporta, a scala intera, su una tavola di legno, levigata e chiara, cirmolo, lavorando di compasso, goniometro, riga metallica, il truschin. Un lavoro che ti può portare via una settimana. La tavola disegnata, con tutte le sezioni, i richiami, le viste, migliaia di misure, sarà il riferimento costante per ogni colpo di scalpello e di sgorbia, per ogni passata con la levigatrice o col tornio. Si va avanti così fra il tavolo da falegname e il piano a tracciare, dove, col truschin, si fissa la posizione esatta di una flangia, di una borchia, di una nervatura. Un modellista, dice Alasia, non può mollare niente nei particolari, altrimenti c’è il rischio di sprecare tempo e materiale. Si controlla e si misura di continuo, e si sente poi al tatto se una curva è pura, se una linea non ha asprezze. Solo che il legno sia un po’ esposto e ruvido si frega con la carta vetrata. Perché il modellista è soprattutto per il fonditore che ragiona. È la fonderia che tiene sempre presente, è lì che dovrà affrontare il suo primo esame. Se i pezzi del modello sono perfettamente levigati e ben verniciati non ci saranno poi noie per estrarli dalla sabbia in cui essi hanno impresso la forma per la fusione.

(da: Giorgio Manzini, Indagine su un brigatista rosso: la storia di Walter Alasia, Giulio Einaudi editore, pagg. 18-19)

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