IL “BATTELLO-LAVATOIO”

L’isola di Giava si anima. Dai tramezzi sconnessi delle catapecchie passano    Jean_Malaquais_en_Méxicodelle voci. Gli uomini escono sulla soglia di casa, gli occhi cisposi, il sapore del sonno in bocca. Da una sorta di stabbio addossato al muro mezzo crollato di una vecchia fonderia viene fuori una cantilena d’altri tempi. E’ il battello-lavatoio. E’ chiamato così per il ribollio della caldaia che non la smette mai. Ci vivono una ventina di uomini, ognuno la branda che gli spetta, comunque meglio delle galere dei tempi andati; venti uomini che si capiscono con una parlata che è un miscuglio di tutte le lingue, ma che non è di nessuna perché è quella di Giava. Spesso lo stabbio cambia ospiti, spesso il battello rinnova la ciurma; ma poco o tanto affollato, là dentro si rugghia e si mugghia. Quando i giavanesi dicono che al battello-lavatoio c’è adunanza significa che il battello vira di bordo, che c’è maretta e rischia di colare a picco.

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(da: Jean Malaquais, I giavanesi, DeriveApprodi 2009)

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