CREDENDO DI PARLARE DELLA FAUNA

Schölscher ascoltava Laurençot con simpatia. Non si poteva restare insensibili a quella voce generosa, un po’ cantilenante, alla sincerità di quel colosso nero che parlava di sé credendo di parlare della fauna   les racines du cielafricana.

«Cerco solo di fare il mio mestiere. Sapete meglio di me cosa perderà l’Africa perdendo gli elefanti. E a questo ci stiamo avviando. Sacramento, Schölscher, come possiamo parlare di progresso quando continuiamo a distruggere intorno a noi le più belle e più nobili manifestazioni della vita? I nostri artisti, i nostri architetti, i nostri pensatori sudano sangue per rendere la vita più bella, e intanto noi penetriamo nelle ultime foreste con la mano sul grilletto di un’arma automatica. Questo Morel, se non esistesse bisognerebbe inventarlo. Forse riuscirà a scuotere l’opinione pubblica. E io sarei pronto a raggiungere il suo covo e fare il partigiano con lui. Perché si tratta proprio di questo, bisogna lottare contro la degradazione delle ultime bellezze della terra e dell’idea che l’uomo si è fatto dei luoghi in cui abita. Davvero non siamo più capaci di rispettare la natura, la libertà vivente, che non dà profitti, non serve a nulla di immediato e non ha altro scopo che lasciarsi ammirare di quando in quando? Anche la libertà è anacronistica. Mi direte che a forza di vivere solo nella foresta mi è venuta una specie di diarrea verbale, ma me ne frego di quello che pensate. Parlo per me stesso, per sfogarmi, perché non ho il coraggio di fare come Morel. Bisogna che gli uomini riescano a salvare anche le cose che non gli servono per fare suole di scarpe o macchine da cucire, che conservino un margine, una riserva dove potersi rifugiare ogni tanto. Solo allora si potrà cominciare a parlare di civiltà. Una civiltà puramente utilitaristica arriverà sempre all’estremo, vale a dire ai campi di lavoro forzato. Abbiamo bisogno di un margine. E poi, insomma… Non abbiamo troppi motivi per essere orgogliosi di noi stessi, no? Ci resta solo la Torre Eiffel per guardare dall’alto in basso il resto della creazione. Anche voi come il governatore mi direte di andare a scrivere poesie, ma ficcatevelo bene in testa: mai come oggi gli uomini hanno avuto un tale bisogno di compagnia. Si ha bisogno di tutti i cani, di tutti i gatti, di tutti i canarini, di tutte le bestie che si riescono a trovare…». Improvvisamente sputò per terra. Poi, chinando la testa quasi non osasse guardare le stelle, aggiunse: «Gli uomini hanno bisogno d’amicizia».

(da: Romain Gary, Le radici del cielo, Neri Pozza editore 2009, pagg. 82-83; or.: Les Racines du ciel, ed. Gallimard 1956)

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