ANCORA MOLTA DOLCEZZA

L’ultimo articolo della rubrica “Conto alla Rovescia” su www.ildirigibile.eu, intitolato “Cacao” l’ho scritto l’11 dicembre, quindi prima del tragico agguato razzista di Firenze in cui Mor Diop e Samb Modou sono stati assassinati e altri feriti. Parlavo molto di cacao, cioccolato e dolcezza.

Certo, dopo quell’esecuzione – che mi fa venire in mente più gli assassini del Ku Klux Klan statunitense e  del “movimento di resistenza Afrikaner” del Sudafrica, piuttosto che gli squadristi e stragisti del fascismo nostrano – avrei scritto qualcos’altro. Magari mi sarei soffermato sulla tremenda pericolosità del morente suprematismo bianco. Nella sua agonia, l’ideologia che predica la superiorità della cosiddetta “razza” bianca, come ogni bestia feroce in fin di vita, diventa ancora più brutale e sanguinaria, come è avvenuto nella testa e tra le mani del neonazista Gianluca Casseri e di coloro che adesso inneggiano al suo gesto omicida.

Questa delirante e mortifera ideologia germogliata in Europa e tra i colonialisti europei ha dominato il pensiero e la politica occidentali per almeno due secoli, ma è sul punto di essere spazzata via: di fronte a sé l’umanità (compresa la sua piccola porzione europea) ha un futuro meticcio. Tale prospettiva getta nella più cupa disperazione fanatici come Casseri, come l’ex sindaco di Treviso Gentilini (condannato per istigazione all’odio razziale, ma con sospensione della pena) come il forzanovista Fiore, come il “deputato europeo” (o padano?) Borghezio (che, riguardo al terrorista norvegese Anders Behring Breivikm, fondamentalista cristiano stragista, disse: “le sue idee sono profondamente sane e condivisibili”)   e altri cultori della “purezza razziale”, al punto da condurli a passare dalle parole ai fatti. Vanno fermati.

Siamo pieni di rabbia e di tristezza. Colpendo a morte Diop e Samb Modou, la furia assassina razzista ha fatto sì che tutti ci sentissimo toccati nel profondo, tra i più intimi dei nostri sentimenti: dove l’odio è sempre all’erta.

Eppure, penso, avrei cercato di concludere quell’articolo che non ho scritto augurandomi un’esplosione di dolcezza.

Adesso, mentre scrivo, mi viene in mente Martin Luther King e ricordo le sue parole: “Noi faremo fronte alla vostra capacità di infliggere sofferenze con la nostra capacità di sopportare le sofferenze; andremo incontro alla vostra forza fisica con la nostra forza d’animo. Fateci quello che volete e noi continueremo ad amarvi”. Queste quattro righe, nel corso degli anni, le ho lette e rilette molte volte. Mi sembrano un sunto efficacissimo della nonviolenza. Una dottrina e una pratica verso le quali provo grande ammirazione e simpatia ma che, per molti aspetti, mi risulta misteriosa. Un’attitudine misteriosa, però, verso la quale, intuisco, sarebbe giusto tendere.

Ad ogni modo, in coscienza, non posso dichiararmi nonviolento, per indole e per formazione.

La dolcezza a cui faccio appello, ora, dopo la carneficina razzista di Firenze, somiglia di più alla ternura evocata da Che Guevara, quando diceva: “bisogna essere duri senza mai perdere la tenerezza”.

Sì, penso che il nostro primo compito sia circondare di tenerezza e di dolcezza tutti i fratelli e le sorelle senegalesi, i parenti e gli amici delle vittime del 13 dicembre.

Poi, tutti noi ne abbiamo bisogno: siamo così tristi, impauriti e furenti. Solo un eccesso di dolcezza e di tenerezza può aiutarci a trasformare l’odio che è tornato a ribollire in noi in intelligente intransigenza contro ogni forma di razzismo. Per essere sufficientemente duri.

Paolo Buffoni Damiani (a.k.a. Pabuda)

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