UNA LETTERA DI GAETANO AD ARMANDO*

* in occasione della partenza dagli Stati uniti dell’esiliato anarchico Armando Borghi (già segretario dell’Unione Sindacale italiana dal 1914 al 1921), di ritorno in Italia

 

Gaetano Salvemini. Harvard University Cambridge, Massachusetts

 13 settembre 1945

Caro Borghi,                                                                                                        G SALVEMINI BN GRANDE

molto mi duole che la salute non più robusta come quella di mezzo secolo fa e la minaccia sempre imminente di un attacco di asma mi vietino di intervenire alla riunione in cui i tuoi amici politici e personali ti saluteranno mentre prendi la via del ritorno in Italia.

… Se credessi la umanità più intelligente e meno indifferente al suo stesso male che essa non è, sarei anarchico anch’io. Purtroppo la umanità, quale la vedo intorno a me, cioè i novecento novantanove millesimi e forse più, dell’umanità, è interessata solo a mangiare, far figli e andare a scommettere alle corse dei cani. A questa umanità riescono anche troppo incomodi quei piccoli frammenti di anarchia che un regime democratico garantisce o dovrebbe garantire: libertà di pensiero, libertà di parola, abolizione dei privilegi politici ereditari, limitazione del diritto di proprietà perché non soffochi i diritti dei non proprietari, diritto di scegliere e licenziare chi deve amministrare o sorvegliare l’amministrazione della comunità, diritto di associarsi alla propria nazione e così di seguito. Quasi novecentonovantanove millesimi di cui sopra non ci tengono molto neanche a questi frammenti di anarchia. Per lo meno se li lascia portar via troppo spesso senza batter ciglio o limitandosi appena a stringersi nelle spalle.

Tu, caro Borghi, appartieni a quella minoranza di uno su mille che si occupa non solo degli affari propri ma anche degli affari altrui. E questa minoranza è divisa in gruppi e gruppetti che preferiscono rompersi le ossa a vicenda invece di confederarsi contro i nemici comuni. Anche questo fa parte del destino umano, e non c’è che da accettarlo così com’è. In conseguenza tu sei anarchico, e io sono un povero disgraziato democratico della scuola antidiluviana dura a morire.

Ma mentre non intendo attenuare né a te né a me tutto quanto ci divide politicamente, intendo affermare pubblicamente, per quanto la mia affermazione possa valere, il mio rispetto per la tua integrità morale, per la tua coerenza, per la tua capacità di abnegazione e di sacrificio. Considero come una grande fortuna nella mia vita averti conosciuto, apprezzato e amato in questi ultimi anni della tua dimora in America.

Buon viaggio, caro Borghi. Quando sarai laggiù, nell’Italia bella, ricordati qualche volta di questa tante volte da te vilipesa democrazia americana, che ti dette senza dubbio più di un non leggero mal di testa, ma ti lasciò vivere e respirare. Con tutti i suoi immensi difetti, essa è, nell’insieme, preferibile a qualunque altro regime che non sia quello della tua anarchia».

 

Gaetano Salvemini

(dalla rivista Nuova Antologia, Le Monnier,  Firenze, numero di ottobre-dicembre 1982, pp.159-160)

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