SVETLANA E IL NONNO

La bambina ascoltava, come un topo in agguato. In questo periodo, è necessario che i bambini capiscano, che sappiano. E’ più giusto prepararli anziché fingere continuamente con loro. Proprio quindici giorni fa, al piano di sotto, hanno arrestato Vanil Vanilic e Svetlana, alla quale avevano detto: «papà  è andato a   LISSITSKY-1920-г.-per-SVETLANA-E-IL-NONNOLeningrado, lo sai, all’Accademia delle Scienze», si è poi lamentata per questo inganno. «Io so che papà  è in carcere, lo so, lo so! E mi dispiace che papà  sia in carcere. Perché mi mentite tutti?». L’ebreo del terzo piano è in carcere. Anche il cognato di Marusja. Svetlana, sette anni, diceva a Tamarocka, di sei: «Ho visto un uomo che è stato fucilato: andava da mia zia, aveva un gran naso, era un brutto individuo. Sono contenta che lo abbiano fucilato». Suo nonno la rimproverava: «Svetlana, non si parla così, Svetlana, pensa al dolore degli altri». (Un vecchio rimbambito, il nonno, che simpatizzava, con molta prudenza, per la setta dei Curikovci.) Svetlana, imbronciata, si intestardiva e guardava il nonno di sottecchi. «E io dico, nonno, che si tratta di un brutto individuo e allora hanno fatto bene, hanno fatto bene a fucilarlo». Saltellava su un piede, ripetendo: «Hanno fatto bene». E forse lo diceva per veder lacrimare gli occhi del nonno e crescere sulle sue labbra un leggero tremore dal quale capiva quanto il nonno l’amasse e quanto fosse debole. Tamarocka osservava questo gioco, ascoltava ogni parola. Come l’ama, il nonno, e lei quanto lo tormenta. E pensava: come sei cattiva, Svetlana! Poi, saltava da un lato, batteva sulla spalla di Svetlana e scappava dietro il tavolo per farsi rincorrere…

(da: Victor Serge, E’ mezzanotte nel secolo, edizioni e/o 1980, pagg. 8-9

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