SUL MIO PAESE

voler bene a ‘sto paese    ITALIAMUNSTER per SUL MIO PAESE

– ben che vada –

è un controsenso.

voler bene a ‘sto paese

è una perdita di tempo.

dire sempre:

“voglio bene

al mio paese”

è una frottola di quelle

vecchio stampo:

anonima, di massa, di fabbrica,

di piazza, d’adunanza,

di campagna elettorale,

di sdraio & e d’ombrellone al mare,

di sussidiario & di citofono,

di guerra civile e rischiatutto

di quaderni a quadretti e a righe,

di abbonamento per lo stadio,

di cruciverba facilitato,

di mollica, di bigino,

di panzanella & di McDonalds,

di selfie seppiato

col suo programmino,

di tagliatelle al burro stracotte,

d’oratorio obbligatorio.

per voler bene a ‘sto paese,

ma veramente,

conviene allontanarsene:

possibilmente con un grosso

piroscafo, e lentamente.

per voler bene a ‘sto paese

serve una macchina del tempo,

o – almeno –

la cassetta degli attrezzi rubata

a qualche archeologo esperto.

per voler bene a questo paese

ci vogliono:

o il cinismo addestrato

del critico d’arte antica

o l’altruismo spontaneo

del rivoluzionario,

o – meglio – tutt’e due assieme.

per tentare

di voler bene a questo paese

meglio non stare lì

a misurare col bilancino

quante son le colpe

dei governanti

e quante quelle

dei governati.

per provare

a voler bene a questo paese

è consigliabile alternare

regolarmente i verbi:

accontentarsi e pretendere.

se tutti questi sforzi

e stratagemmi

dovessero risultare inutili:

non importa:

mica è proprio indispensabile

voler davvero bene bene bene

a questo paese: è troppo lungo!

..

(nell’illustrazione: l’Italia di Sebastian Munster, 1550)

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