SOLDATINI E NECESSITÀ

Nello scritto introduttivo al Curriculum Vitae, uno dei due progetti che il filologo tedesco Victor Klemperer durante la stesura del suo diario si proponeva di condurre a termine (…) scrive che, da piccolo, usava ritagliare i soldatini di carta dai grandi fogli di carta che gli regalava sua madre e metterli, tutti insieme, in una scatola, senza ordine alcuno di gradi, appartenenze, eserciti, epoche.    Victor_Klemperer_Bild

Il giovane ebreo, era nato nel 1881, figlio di rabbino, e scriveva nel 1938, si immaginava la possibilità (fantasia e incubo insieme, presagio e speranza), l’idea e la rappresentazione di una battaglia universale dove, evidentemente, non avrebbe avuto più senso ormai prevedere campi avversi e diritti, giustizie contrapposte, vincitori e vinti, strategie di vittoria e di distruzione.

(…) la profezia apocalittica e risolutrice non è pensata e scritta con caratteri di fuoco, è semplicemente riferita con il linguaggio burocratico e pedante dell’insegnante scrupoloso e non geniale.

(…)

la metafora di una battaglia universale senza strategia, che avrebbe potuto reggere il senso di un’esistenza colpita a morte dalla persecuzione, viene lasciata cadere, così come ogni altro possibile significato metastorico, in favore della necessità, divenuta sempre più assoluta, di lasciare una testimonianza: “Io devo lasciare testimonianza sino all’ultimo”.

(…) rimane solo il diario, lo straordinario diario che Klemperer comincia a redigere giovanissimo, quasi al tempo dei soldatini di carta, e che lo accompagnerà sino alla morte, come un insieme di fatti minuti, non scelti per la loro rilevanza strategica, ma solo per la loro occorrenza, entro una vita singolare ma non eccezionale, di borghese ebreo (…), scrupoloso nel suo lavoro di filologo, sufficientemente curioso di culture e di uomini.

(…) Solo che su questa vita, così minuziosamente descritta (…) si inserisce per non più lasciarla la persecuzione da parte del movimento prima e poi del partito e del potere nazista. È un processo di erosione al quale Klemperer offre una resistenza non passiva, ma paziente, minuziosa, in vista della sopravvivenza individuale, di sé e della moglie ariana cui deve la propria salvezza relativa.

(da: Michele Ranchetti, Prefazione a Victor Klemperer, LTI La lingua del Terzo Reich – taccuino di un filologo, Giuntina  2017, quinta edizione, pagg. 7-8)

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