RICORDINI

Ciò che passa per memoria è perlopiù un ricordino. Un souvenir che ciondola da una catenella, un gingillo da tenere sul caminetto, ricoperto da una doratura che quando arrivi a casa ha già cominciato a sfaldarsi.   BILL AYERS RICERCATO FOTO SEGNALETICA

La prima delle tante colte in cui avrei perso tutto, ogni mio avere, tutti i block notes, le carte, i libri e i tesoretti personali da me accumulati. Le mie scorte non si sarebbero mai ricostituite. Già negli anni precedenti mi erano entrati in casa, ed erano sempre, davo per scontato, i poliziotti o i federali. Carte rovistate, cose rotte e buttate all’aria, alcuni oggetti rubati, ma stavolta era peggio. Era sparito tutto.
L’esperienza, per quanto dura e difficile, produsse un effetto positivo e liberatorio. La perdita di beni e oggetti non mi aveva affranto, e con l’andar del tempo avrei sviluppato un’indifferenza verso le cose materiali. Stando nudo, imparai che potevo farne a meno.
La vita è sempre piena di privazioni e anche quella in clandestinità ne aveva la sua quota: facevamo lavori precari e non era facile guadagnarsi da vivere; poi, vivendo al di fuori della legge, non godevamo di alcun diritto o garanzia. Quando ci entrarono i ladri in casa, due volte in un anno, passata la paranoia, chi avremmo potuto avvertire, l’Armata Rossa?
La dislocazione, però, ha anche i suoi vantaggi. Non avevamo camicie di forza, non dovevamo porci alcun traguardo, o seguire direttrici per fare carriera. La vita tumultuosa ampliava le mie prospettive, mi paracadutava tra persone che non avrei mai conosciuto in un percorso esistenziale più limitato. Potevo essere di tutto – abitante dei ghetti, lavoratore migrante, a giornata, girovago. Nel cuore ero un internazionalista, in nessun luogo uno straniero e ovunque un estraneo. Capivo ogni cosa e percepivo la grande unità pulsante di tutta l’umanità.

(da: Bill Ayers, Fugitive Days, DeriveApprodi, pag. 287)

Leave a Reply