PER ORA

Per ora, mi chiamerò William Wilson. La pagina onesta che mi sta di fronte non verrà bruttata dal mio vero nome. Già troppo è stato oggetto di spregio, di ripugnanza, troppo è stato detestato dal mio sangue. Forse che i venti iracondi non hanno recato fino agli estremi limiti del globo la fama di una infamia senza uguale? Rifiuto tra i rifiuti! Forse che non sei morto per il mondo? E la tetraggine di una nube densa e sterminata non si frappone eterna tra le tue speranze ed il cielo?   Edgar Allan Poe
Non vorrei, anche se potessi, qui, oggi, per dar corpo al regesto dell’indicibile desolazione, della imperdonabile nequizia dei miei anni recenti. Questo tempo, questi anni, hanno visto subitamente prosperare la mia turpitudine, e mi propongo di descriverne l’origine. Per solito, gli uomini si degradano poco alla volta. Dalle mie spalle ogni dignità scivolò via in un istante, quasi fosse un mantello. Da una malignità relativamente da poco, con passi da gigante giunsi a oltrepassare la dissennatezza di un Eliogabalo. Quale sorte, quale evento ne fu causa, mi si consenta di raccontare. La morte non è lontana; e l’ombra che la precede ha sul mio spirito una influenza lenitiva. Nel momento in cui mi inoltro per la valle dell’oscurità, invoco la simpatia – la pietà forse – dei miei simili. Vorrei mi credessero, in certa misura vittima di circostanze sottratte a volontà d’uomo.

(da: Edgar Allan Poe, William Wilson, in Compagni di scuola, pag. 47)

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