OROLOGI
– Al mio paese di orologi ce n’erano pochi. Ce n’era uno sul campanile, ma era fermo da non so quanti anni, forse dalla rivoluzione: io non l’ho mai visto camminare, e mio padre diceva che neanche lui. Non aveva orologio neppure il campanaro.
– Allora come faceva a suonare le campane all’ora giusta?
– Sentiva l’ora alla radio, e si regolava col sole e con la luna. Del resto, non suonava tutte le ore, ma solo quelle importanti. Due anni prima che scoppiasse la guerra si era rotta la corda della campana: si era strappata in alto, la scaletta era fradicia, il campanaro era vecchio e aveva paura di arrampicarsi fino lassù per mettere una corda nuova. Da allora in poi ha segnato le ore sparando col fucile da caccia: uno, due, tre, quattro spari. È andato avanti così finché sono venuti i tedeschi; il fucile glielo hanno preso, e il paese è rimasto senza ore.
– Sparava anche di notte, il tuo campanaro?
– No, ma di notte non aveva mai suonato neanche le campane. Di notte si dormiva, non c’era bisogno di sentire le ore. L’unico che ci teneva veramente era il rabbino: lui l’ora giusta la doveva conoscere per sapere quando cominciava e finiva il Sabato.
(da: Primo Levi, Se non ora quando?, Einaudi 1982, pag. 3)
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