OMBRE CINESI SUL TETTO

stamane me ne stavo,                   OMBRE CINESI

tanto per cambiare,

verso le cinque e mezza

o sei,

sbracato sul poggiolo

della cucina

per farmi degli innocenti affari miei.

a mio beneficio esclusivo

le gazze dirimpettaie –

facendosi dei fatti loro

dal significato

non immediatamente

intuitivo –

m’hanno gratuitamente

offerto

sul tetto orientale

(che frequentano in via abituale)

uno spettacolo

piuttosto avvincente

e oltremodo istruttivo:

tutto improvvisato,

unplugged e dal vivo,

utilizzando l’antica tecnica

dell’ombra cinese

– variante Han,

seconda dinastia –:

il sole, preparandosi

a sorgere

da dove sorge sempre,

proiettava una luce chiara

sulle impalpabili cortine

di foschia biancastra

che a quell’ora, a strati,

si frappongono

tra il bollore solare

e gli ultimi avanzi

di buio e di fresco notturno:

così, illuminando le gazze

da levante

le metteva, per me, del tutto

nero su bianco:

tipico tratto, molto netto

dell’ombra cinese stile Han,

seconda dinastia:

le gazze in controluce

avevan tutte quante

le loro lunghe code dritte,

quasi fisse:

precisamente parallele

all’asse virtuale delle scisse

e suppongo discutessero,

gracchiando in stile Han,

seconda dinastia:

“quest’antenna è la mia,

vattene via!”:

magari mi son sbagliato:

ma ho pensato

al tipico battibecco

in bianco e nero:

sembrava sceneggiata

ma era tutto vero.

poi si sono dileguate:

una appresso l’altra:

precise immagini

di nerofumo denso compatto

volavano su carta di riso

quasi infinita:

un tuffo,

chiudendo gli occhi (spero),

a piombo, a fil di muro.

roba da sfracellarsi

su una persiana

dimenticata aperta

da qualche tonto:

cuore in gola

fino al piano secondo:

poi: hop: aprivano le ali,

tornavano subito in quota

e io tiravo il fiato.

la mia giornata,

ben prima delle sette,

s’era messa

allegramente in carreggiata.

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