OHIBÒ

Un profondo sentimento di tristezza mi ha colto, studiando Il Capitale, quando ho pensato che questo libro era, e chi sa quanto rimarrebbe ancora, affatto sconosciuto in Italia.  cafiero_carlo_1878
Ma se ciò è, ho poi detto fra me, vuol dire che il mio dovere è appunto di adoperarmi a tutt’uomo, onde ciò più non sia. E che fare? Una traduzione? Ohibò. Ciò non servirebbe a nulla. Coloro che sono in grado di comprendere l’opera di Marx, tale quale egli l’ha scritta, conoscono certamente il francese, e possono avvalersi della bella traduzione di J. Roy, interamente riveduta dall’autore, il quale la dice meritevole di essere consultata anche da coloro che conoscono l’idioma tedesco. E’ ben altra la gente per la quale io devo lavorare. Essa si divide in tre categorie: la prima si compone di lavoratori dotati d’intelligenza e di una certa istruzione; la seconda, di giovani che sono usciti dalla borghesia, e hanno sposata la causa del lavoro, ma che non hanno peranco né un corredo di studi né uno sviluppo intellettuale sufficiente per comprendere Il Capitale nel suo testo originale; la terza, finalmente, di quella prima gioventù delle scuole, dal cuore ancora vergine, che può paragonarsi a un bel vivaio di piante ancora tenere, ma che daranno i più buoni frutti, se trapiantate in terreno propizio. Il mio lavoro deve essere dunque un facile e breve compendio del libro di Marx.  COVER EDIZIONE ECONOMICA COMPENDIO

(da: Carlo Cafiero, Prefazione a Compendio del Capitale, 1887)

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