LO SLOT E ALTRE MOSTRUOSITÀ
un piccolo slot ritagliato
col cutter affilato
nel mio
prezioso tempo di lavoro,
(mal) stipendiato
ma sempre molto ben schedulato:
in fitti cluster
spazio-temporali
da riempire in qualche modo:
senz’alcuna vergogna
per la ripetitività
(è questo un vizio comunissimo
men che veniale
tra le persone della mia età)
posso nuovamente lamentarmi
per l’intolleranza
di cui soffro,
senza rimedio, senza speranza:
mi saltano fuori delle macchie
viola e pruriginose
sui polpacci
ogni volta che sento
ronzare nei dintorni
delle mie raffinate
ed esigentissime orecchie
– come orrendi e insistenti
mosconi –
certe parole, certe frasi,
certi insulsi e oziosi
e pigri anglicismi,
certe volgarità,
certi modismi aziendali, certi cliché,
certe gergalità,
certe fruste espressioni:
robaccia inutile o dannosa
che suona
press’a poco così:
“il tema è…”
“no, non mi hai capito”,
“ci sta”, “lato nostro”
“cioè, nel senso…”,
“ho uno slot libero verso le 4
del pomeriggio”.
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