LE COMPAGNE DEI CAVATORI DI CARBONE (Sempre… per “Le Facce Nere”)

Le compagne dei cavatori di carbone – da più d’un secolo, ormai, dai tempi delle compagnie minerarie   mina-petrila-150-de-aniasburgiche, manco se lo ricordano – ci andavano tutti i santi giorni all’ingresso dei pozzi, almeno due volte al giorno: a portare il fagottino col pranzo (un pasto poco ingombrante ma sempre apprezzato: due fette di pane unto con qualcosa, una cipolla al vapore e l’immancabile lardo di maiale schiacciato)… e poi, a fine turno, a riprendersi dalle grinfie della compagnia mineraria il proprio uomo, assicurandosi così di averlo ancora sano e salvo e intero ma anche per evitare che, sulla via del ritorno, il tipo perda tempo – e quattrini e salute – al baretto “della faggeta”, al circolo o allo spaccio degli alcolici –.
Chi si fosse avvicinato a quei piccoli assembramenti di donne avrebbe potuto ascoltare – oltre a minuziosi aggiornamenti sulle faccende della miniera… più precisi dei rapporti del compagno funzionario dirigente – sempre la medesima discussione rituale: accasarsi con un minatore era stato un regalo del cielo o una condanna alla tribolazione continua? C’era chi malediceva il momento in cui aveva sposato o s’era m’essa con un minatore e chi rendeva grazie. Prestando attenzione ci si poteva accorgere che le donne lì riunite non si dividevano in due partiti: ciascuna sosteneva entrambe le cose: a turno e badando che le opinioni pro e contro si alternassero regolarmente, con l’accortezza di dire la propria (una delle due) appena una compagna aveva finito di sostenere l’esatto contrario e accompagnando con un sospiro intonato l’asserzione. È una roba difficile da capire e da spiegare. D’altra parte, chi può dire di capire davvero tutte le astuzie delle donne?

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