LA “QUESTIONE SERGE”
La domanda intorno alla “questione Serge” non è mia, è di Susan Sontag (in un saggio scritto nel 2004, alla vigilia della sua morte e che forse ci resta come suo testamento), (…)
Sontag si chiede perché Victor Serge sia stato dimenticato, o comunque abbia avuto meno fortuna di altri. E prova a darsi delle risposte: Perché è un esule e dunque nessuno può rivendicarlo appieno? Perché non fu uno scrittore impegnato in modo discontinuo nella militanza, «bensì un attivista e un agitatore tutta la vita»? Perché ha scritto tantissimo e la maggior parte della sua scrittura non è letteraria? Perché nessuna letteratura nazionale può rivendicarlo?
Persino la sua morte fu triste scrive Sontag. «Trasandato, malnutrito, sempre più afflitto dall’angina – aggravata dall’altitudine di Città del Messico – una notte ebbe un infarto mentre era per strada, riuscì a fermare un taxi, e morì sul sedile posteriore. Il tassista lo depositò in un posto di polizia: ci vollero due giorni prima che la sua famiglia venisse a sapere quello che gli era successo e potesse recuperare la salma».
(da: David Bidussa, Prefazione a Victor Serge, Da Lenin a Stalin, Bollati Boringhieri 2017)
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