LA 201 PEUGEOT

Carboni scalava le marce, acceleratore a tavoletta, batte la fiacca sulla rampa opinò, bisognerebbe vedere rodata, ma le curve, le tiene bene le curve. Il meccanico, sul seggiolino di dietro, stringeva le chiappe. Estève la pensava uguale, me la demolisce la 201, mi fonde il motore, figlio di puttana. prendinculo di merda. Gli resecava i maroni e glieli ficcava in gola, glieli tagliava a lardelli e li faceva   Le Javanaisrinvenire col loro sugo, balbettava grande! capo, minchia tanto di cappello, delle volte che gli viene voglia di un giro o due, minchia, la Peugeot quando vuole. Carboni canticchiava dài mò Peugeot, guidava sfrenato e canticchiava giretto sughetto, ci fa il campione il marpione. I riguardi perdio se non c’era abituato, pure dei sassoni, cos’altro c’era, andate un po’ a diffidare i benallevati dal fare il solletico a un militare. Preciso. Al Café du Soleil, dove il futuro eletto offriva tavola imbandita, il brigadiere si vide consacrare portento del volante in ogni categoria. Anisetta di rigore e festiva l’atmosfera, si parlò di cilindrate e alberi a camme, si parlò di corse d’auto e come il vostro Georges-Marie vi ripulirebbe il rallì di Monte Carlo senza nemmeno pigiare più di tanto. Estève si dichiarava interamente d’accordo, solo che la Francia era a remengo, non sai più riconoscerci i tuoi ma ho qualche ideuzza su questo. Con la prescia di produrle, fece intendere a mezze parole che conosceva più di una mostrina a corto di stellette. Tutti gli sguardi volgevano alle mostrine di Carboni, il quale aveva il suo sul panorama. Estève ordinò un altro giro di anisetta. Le idee, non davvero non era a corto di idee; tanto per dirne due, quella di garantire al Carboni di bere e trombare gratis a volontà , fetente, e quest’altra – ne siete testimoni – di farglielo tirare al volante della 201. Del resto, semplice buon senso, meglio dieci tarantole nelle mutande che uno sbirro alla porta.

(da: Jean Malaquais, I giavanesi, Deriveapprodi, pagg. 168-169)

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