IL SATELLITE

Se in orbita esistesse un satellite intelligente e umanamente sensibile, sorvolando la Terra, sarebbe in grado di individuare le traiettorie che le donne e gli uomini, i bambini e gli anziani percorrono sulla superficie del pianeta nel corso dei loro spostamenti migratori, dei viaggi alla ricerca d’un futuro migliore del presente, delle fughe da guerra e miseria, delle peregrinazioni a caccia di sogni da tramutare in realtà,  ma anche a causa delle “delocalizzazioni umane” e degli sfollamenti. Poi un potente computer, dotato d’un misterioso software capace di tradurre graficamente le onde sentimentali che sprigionano milioni di esseri umani, disegnerebbe ciò che ha captato l’anima emotiva del satellite: una serie quasi infinita di linee, alcune quasi rette, altre formate da segmenti di varia lunghezza e disposte verso differenti direzioni, la maggior parte assai contorte, molte spezzate in coincidenza di mari o deserti. Sono tantissimi tracciati, sottili e fragili come fili di ragno, con una differenza però: sono colorati, d’un numero indicibile di tinte. Ci vorrebbero milioni d’arcobaleni per spiegarveli. Lasciamo perdere. Una volta disegnata questa fitta rete, che non è altro che l’immagine grafica semplificata delle migrazioni, delle deportazioni e degli esilii, il software piazzerebbe dei pallini luminosi al principio e alla fine di ciascun percorso, a segnalare le case che si son lasciate e le nuove. Le lucine collocate in quest’infinità di punti sarebbero d’altri colori ancora. Molto espressivi: i colori della speranza e della vitalità, quelli della paura e della sfida, i colori della determinazione e del coraggio, della dignità e dell’umiliazione, i colori della fatica e della gioia, ma anche della delusione e della rabbia, quelli della solidarietà e quelli della curiosità. Praticamente, di tutti i colori delle migrazioni. Questo satellite non esiste. Figuriamoci!

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