IL MONDO SCOMPARIREBBE

Nei suoi Travels in Arabia Deserta, Charles Doughty, un viaggiatore inglese del secolo scorso, racconta la conversazione udita una notte, durante una sosta del pellegrinaggio alla Mecca, fra un persiano e un giovane arabo. Diceva il persiano: “Che cosa pensi dei cristiani? La loro è una buona religione, dicono: adorano Gesú come noi Maometto e gli ebrei Mosè. Chi può dire che la loro religione non è buona, o che la nostra è migliore? Se qualcuno mi mettesse qui in mano mille sterline, non sono per niente sicuro che non consentirei a cambiare la mia religione con la sua.” Rispose l’arabo: “Io a nessun costo consentirei a cambiare la mia religione; il mondo scomparirebbe.”                     COVER credere-e-non-credere

Questa, si dice, è fede, credere significa questo: la garanzia della compattezza e solidità del mondo, una tale adesione dell’animo a una Verità suprema e alla Legge che ne discende che fede e sentimento del reale diventano la stessa cosa; nel seguito incoerente dei giorni e delle circostanze, solo la credenza religiosa può fornire quella certezza che tutto concorre a un unico significato e a un unico fine da cui dipende per noi il legame di un’idea con l’altra, di un’azione con l’altra, di una cosa con l’altra.
Così si suppone. E tale si presenta di fatto la fede religiosa. Ma è questo un credere nel senso proprio della parola, oppure qui al credere si mescola e si sovrappone una volontà caparbia: la volontà di chiusura a tutto ciò che non è la fede professata e condivisa con la propria gente? Nel sentimento che se non si mantenesse fermo il legame religioso “il mondo scomparirebbe”, sembra implicita la coscienza più o meno oscura che, per mantenere la fede, bisogna mantenere a distanza, oltre che le credenze diverse dalla propria, una realtà informe, minacciosa, ostile che è precisamente il mondo nudo e crudo, quello dell’esperienza grezza ed elementare. Ma se il mondo va tenuto insieme da un atto che esclude tanta parte della realtà, allora l’atto di fede somiglia molto a un atto di forza.

(da: Nicola Chiaromonte, Credere e non credere, Bompiani 1971, pag. 213)

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