IL CUGINO DI MARIO
non è un cartone animato:
come il suo parente –
pur bazzicando un quartiere
differente –
è un pennuto uccello volatile
bello chiassoso nero beccuto
detto merlo:
non è un disegno
d’animale umanizzato:
poiché si posa all’ora giusta
sulla ringhiera del balcone
del mio vicino di casa
l’ho ben osservato:
quando canta
non ha, come noi
o come i poveri pupazzetti
del maledetto disney,
da muovere morbide labbra
vere o posticce:
gli basta aprire un po’
il becco giallo arancione
per modulare
la canzone come vuole:
m’han spiegato che fa tutto
colla siringe:
l’organo del canto
che tiene nascosto
alla biforcazione tracheale
che ogni ventriloquo
per i suoi spettacoli
vorrebbe avere.
io lo guardo
a bocca spalancata,
ma senza emettere
alcun suono.
improvvisamente,
mi vede:
col suo occhio destro
impallato
mi guarda un po’
schifato
(o impaurito?)
e preferisce smammare.
quando se ne va
fa come un salto pazzesco
(che Paperinik al confronto
è un povero impedito)
e passa dalla ringhiera
alla grondaia soprastante,
quindi – con un voletto –
si piazza proprio al margine
dell’ultima tegola
del tetto:
da lì dice ad altissima
voce
quel che ha da dire
al mondo, al quartiere:
poi, vola.
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