HANNAH E IL PASSATO
Arendt (…) non si stancava di ripetere con William Faulkner che «il passato non è mai morto, né è mai realmente passato». Ma rifarsi alle «cosiddette lezioni della storia» per capire che cosa ci tenga in serbo il futuro non era a suo modo di vedere molto diverso da mettersi a leggere le interiora degli animali o a interpretare le linee zigzaganti delle foglie di tè. In altre parole, la sua visione del passato, come lei stessa del resto spiega chiaramente (…) era più complessa e meno fiduciosa di quella espressa da Santayana, secondo il quale, com’è noto, «chi non conosce il passato è condannato a ripeterlo». Semmai, Arendt pensava che «nel bene e nel male» il nostro mondo fosse «diventato» ciò che in effetti è: «Il mondo in cui viviamo è il mondo del passato». Questa idea si può definire a malapena una «lezione» storica e solleva piuttosto il problema di come il passato – l’azione passata – possa essere esperito nel presente.
(da: Jerome Kohn, Introduzione a Hannah Arendt, Responsabilità e Giudizio, Einaudi, pag. VIII)
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