FREE ORNETTE

Il sassofonista Ornette Coleman, considerato dalla critica e dalla stragrande maggioranza degli amatori di jazz come un musicista di “avanguardia”, registra con un “doppio” quartetto – formazione del tutto  ORNETTE COLEMAM-FREE-JAZZ-front-lpeccezionale – un opera di 36:23 intitolata Free Jazz, producendo una musica difficile, sgradevole,   “ermetica”. È una musica di improvvisazione collettiva, suonata deliberatamente al di fuori della maggior parte delle regole – norme e strutture stilistiche divenute abituali o tradizionali del jazz non solo “classico” (1920-40), ma anche di quello considerato allora come il più “moderno” (correnti derivate dal bop, cool jazz ecc.). L’opera naturalmente fece scandalo, dapprima sul piano strettamente musicale e nel piccolo mondo degli amatori, musicisti e critici di jazz. Questo piccolo mondo si sarebbe limitato a registrare questo scandalo come uno in più fra quelli abituali a Ornette se il carattere radicalmente innovatore di questa musica non avesse immediatamente assunto il valore di manifesto, e il suo titolo un valore di slogan, per quei giovani jazzmen neri esasperati dalle forme recenti della loro musica. Questo “free jazz”, proprio per un’evidente reazione (…), non poteva che rispondere all’attesa e polarizzare le ricerche di quei musicisti che, isolatamente e con molte difficoltà, tentavano di opporsi alla staticità del jazz, al suo indebolimento progressivo attraverso stili sempre più sdolcinati (Modern Jazz Quartet, “third stream”, cool ecc.) e stereotipati; dava quindi una risposta significativa a questa opposizione mentre nello stesso tempo la evidenziava e la puntualizzava. Battezzata questa musica “free jazz” o “new music”, “new thing”, o semplicemente “musica nera” – per opposizione a “jazz” come musica inventata e suonata dai Neri ma culturalmente ed economicamente colonizzata dai Bianchi –, sorse sulla scena del jazz  un “movimento” che è più di uno stile o di una nuova scuola, a partire dal quale si verifica una frattura sia tra musicisti sia tra amatori e critici, scatenando le più violente polemiche che abbia conosciuto il jazz dopo quelle che accompagnarono la nascita del “bop” (1940-47).

Una frase di Ornette Coleman dà un’idea dell’indirizzo di questa polemica solo apparentemente musicale: «Sono un Nero e un jazzman… e come Nero e jazzman, mi sento miserabile». Con il free jazz, come per il bop e ora più nettamente ancora, non sono messe in discussione, sul piano musicale, solo le forme e gli stili che lo precedono storicamente: la sua azione sconfina dal campo strettamente musicale per investire il terreno culturale e ideologico. Diventa rapidamente il simbolo di un atto di resistenza culturale: è il tornare in possesso (con le necessarie modifiche) da parte dei Neri americani, musicisti e ascoltatori, di una musica che fu loro alle origini, che essi crearono in condizioni storiche, sociali e culturali (deportazione, schiavismo, miseria, razzismo) «che sono esclusivamente loro».

(da: Philippe Carles e Jean-Louis Comolli, Free Jazz / Black Power, G. Einaudi editore 1971, pagg. 13-14)

Ecco la musica di Free Jazz: https://www.youtube.com/watch?v=xbZIiom9rDA

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