DIVERBIO
mi trovo
scomodamente
prossimo
alla disperazione abissale:
questo maledetto aggeggio,
computer personale,
non ne vuol sapere
di funzionare
come qualsiasi
modesto pc
saprebbe fare.
attendo, rosico,
aspetto, resisto,
riprovo, insisto,
spengo e riavvio
collego, sconnetto
e riconnetto,
spengo e riaccendo,
lo butto? lo tengo?
per ora resisto
e mi nego
a un nuovo acquisto.
ma, alla fine, esausto,
lo minaccio:
lo tratto come uno straccio:
“se non ti muovi, bastardo,
se t’inceppi di nuovo,
al prossimo stop,
mio vecchio laptop
se solo ci riesco
(intendo: col grano)
io ti sostituisco.”
poi mi alzo, lo guardo
come guardassi
un figliolo un po’ tardo
e tra me penso:
“ma che vuoi che sia…
nei collegamenti
c’è solo qualche ritardo…
ti tengo, ti tengo,
computer bastardo.
in fin dei conti, anch’io
di cuore non son privo:
casomai, ti farò
un bel trapianto
di sistema operativo.”
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