DI SALVO
A Renaudo piaceva classificare i suoi simili: non ridurli a schemi, ma soffermarsi così, da dilettante, sulle loro somiglianze e dissimiglianze, prevederne i comportamenti, frugare nei motivi da cui scaturiscono le parole e le azioni. Ora, Di Salvo lo turbava: lo sentiva acuto e flessibile, ma anche spento, logoro, e un po’ sporco, con dentro qualcosa di livido, di ammaccato e poi impiastricciato alla meglio per coprire il guasto. Davanti a Di Salvo si sentiva diviso: con un preciso desiderio di penetrarne l’intimità, ed un ritegno che gli faceva chiudere la bocca all’ultimo istante, prima della confidenza o della confessione che lo avrebbe reso suo amico, ma in pari tempo lo avrebbe consegnato nudo nelle sue mani come una mosca fra le branche di una mantide.
(da Primo Levi, Le nostre belle specificazioni in Tutti i racconti vol. I, Einaudi 2005, pag. 283)
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