ASSAI?

UN CERTO ORDINE (in pabuda.net 26-11-15)l’originario della città di Genova

ben coltivato e nutrito il giusto

(né troppo né poco)

certi tratti del suo carattere

ce l’ha ben radicati

nella lingua madre,

(ch’è pure la mia).

quando è il caso

non si tira indietro

e aggiunge un pizzico di mistero

(che qui, in via del tutto

eccezionale, sveleremo –

senza chiedere manco

una palanca in cambio!).

per dirne una

(che non ho tempo di dirne

due, tre, quattro o sette)

si pensi che il genovese –

ben addestrato –

per dire “non so”

semplicemente sibila:

“so assæ…”

alzando un po’ il mento

come un bravo napoletano

che non vuole guai:

è come dire: “so assai”.

quando si trova a dover

rispondere a una domanda

particolarmente stupida

o irragionevole

può sfoderare un più

articolato:

mi so assæ se a sâ

a sä

assæ pe sä a säsissa”.

che tradotto

nel dialetto italiano

in uso più a Nord,

oltre il Passo del Turchino,

e a Oriente,

più in là

delle Cinque Terre

suona – più o meno –:

“io so assai se il sale

sarà abbastanza

per salare la salciccia”:

in breve:

“ma che vuoi che ne sappia

io?!”.

detto questo, appena posso,

me ne torno a Genova.

non è questione di ore:

devo aspettare d’andarmene

in pensione.

(che… maniman…)

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