ANDATI! (da: “Un Mese Al Balcone / 03)

howardena pindell -memory-future 1980-1981(da: Un Mese al Balcone /03)

Sarà stato un mesetto fa, ormai. Forse più. E non eravamo al balcone: la “sigaretta della staffa” ce l’eravamo già fumata da un po’. Ce ne stavamo sdraiati sul letto in attesa del momento buono per arrenderci al sonno. Ciascuno leggeva il proprio romanzo, zitti. Nella stanza il silenzio era quasi totale: si poteva percepire appena quel flebilissimo ronzio che emettono i cervelli degli heavy reader quando macinano le storie che leggono: figurandosele, riempiendo i vuoti che (grazie al cielo!) gli scrittori lasciano tra una scena e l’altra, correggendo virtualmente e in assoluto segreto qualche passaggio della stesura che non li soddisfa del tutto o – più prosaicamente – cercando di inquadrare e rimettere a fuoco un personaggio, un tizio, accantonato centocinquanta pagine fa e inspiegabilmente tornato alla ribalta. In questi casi al lettore o alla lettrice viene la tentazione di gridare, per esempio: “Ma chi cazzo è ‘sto Alexis Cole!?”. Invece, per buona educazione, lo pensa soltanto. Di fatti, a parte quel ronzio che dicevo (che poi, essendo noi una coppia di fanatici della lettura, eran due ronzii… ma il risultato è uguale: pressoché zero) regnava il silenzio nella nostra camera da letto. Improvvisamente, lei ha mollato il volume che teneva tra le mani, lasciando che rimbalzasse sulle lenzuola e si chiudesse con un piccolo “flap!”, senza preoccuparsi, così facendo, di perdere il segno. E ha gridato (o, almeno, a me è parso gridasse): “Se ne sono andati!!”. Belin, mi son preso un colpo! Prima di lasciarmi reagire verbalmente, il mio fantasioso cervello ha impiegato qualche millesimo di secondo per ipotizzare, lo giuro: “I tedeschi? Gli americani? I russi?”. Dopo di che ho sentito la mia voce: gridava: “Ma chi? Chi se n’è andato!?!?”. La risposta della mia compagna non mi ha sorpreso del tutto ma deve avermi colpito in qualche punto particolarmente sensibile della poltiglia cerebrale. Tanto da rimanere impressa in una mia zona neuronale che ho piuttosto sviluppata e che risulta preposta a rimuginare i problemi irrisolti e a elaborare i rimpianti. In breve, la risposta fu: “I rondoni! Se ne sono andati! Sono andati via!”. In effetti, da qualche giorno non li avevo più sentiti neanche io. Dopo aver convenuto che – pur trattandosi d’un evento naturale che si ripropone ciclicamente a ogni inizio estate – era un fatto triste e una partenza che ci avrebbe fatto patire un po’ di solitudine supplementare, soprattutto in quel buchetto temporale che rimane tra l’aperitivo e la cena, ho cercato di buttarla su un piano scientifico/nozionistico – per sincera curiosità onnivora e per provare a raffreddare un poco il bruciore emozionale – chiedendo alla mia bella ornitologa dilettante (però erpetologa di formazione): “Ma dov’è che sono andati? Dov’è che migrano? Sì, d’accordo, in Africa. Ma in quali paesi di preciso? E perché? E per quanto tempo riescono volare senza fare una sosta? E, scusa, se vanno laggiù tutti gli anni, se ci tornano sempre, vorrà dire che sono posti dove stanno meglio che a Milano, no?”. A ogni modo, dopo quella sera, tutte le sere, di solito tra l’aperitivo e la cena – ma anche agli orari sbagliati –, se ho un po’ di tempo, mi siedo al mio posto d’osservazione sul balcone e mi dedico a scrutare il cielo sopra la piazza, percorrendo con lo sguardo le traiettorie lasciate vuote: controllo bene e poi segno sul mio registro tutti i nomi degli assenti.

(L’immagine, ancora una volta, è tratta da un quadro – Memory/Future 1980/81 – di Howardena Pindell)

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